I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)
La nostra società propone modelli estetici di estrema magrezza: molti giovani, di entrambi i sessi, specie nel periodo dell’adolescenza e della giovinezza, viziati da determinati canoni estetici, si sottopongono a “diete” dimagranti rigorosissime. I disturbi conseguenti a questo tipo di comportamento alimentare distorto sono molto vari, ma i più frequenti sono l’anoressia e la bulimia. L’anoressia nervosa (anoressia, dal greco significa “mancanza di appetito”) è un disturbo di tipo psichico che si presenta in genere durante l’adolescenza, anche se può colpire una fascia d’età che va dai 6-70 aa., e si manifesta col rifiuto di alimentarsi, causato da un forte desiderio di dimagrire e da un’ossessiva paura di ingrassare. I soggetti colpiti hanno una forte distorsione della propria immagine corporea, non si amano e non si accettano, reagiscono diminuendo l’apporto calorico provocandosi uno stato di denutrizione, un’alimentazione qualitativamente e quantitativamente carente.
L’alimentazione di una persona affetta da anoressia è spesso caratterizzata dall’esclusione di alimenti considerati ipercalorici come i carboidrati e i lipidi, preferendo alimenti ipocalorici come le verdure e qualche tipo di frutta (mele, anguria, uva ecc…). Le fibre contenute nella frutta e nella verdura sono viste nell’ottica di migliorare l’evacuazione e perciò come coadiuvanti nell’ulteriore perdita di peso. Spesso adottano comportamenti autolesionisti, come ad es. praticando il vomito autoindotto, sottoponendosi ad una strenua attività fisica per bruciare calorie, un uso inconsulto di lassativi e diuretici. Nel 40-50% dei casi i soggetti anoressici perdono questo autocontrollo cadendo in crisi bulimiche, durante le quali si abbuffano letteralmente, ingerendo grandi quantità di cibo in pochissimo tempo, senza quasi masticare. Da questo comportamento consegue un senso di frustrazione, odio verso se stessi, forte senso di colpa per l’ ”errore” commesso, sensazione di fallimento per aver perso il controllo della situazione. Il soggetto anoressico grave può arrivare ad avere un peso corporeo inferiore al 70% di quello che dovrebbe essere in relazione al sesso, altezza, età, biotipo costituzionale. Il rischio di anoressia è maggiore nelle persone che svolgono professioni particolari: si manifesta soprattutto tra le modelle, le ballerine e le atlete che, a causa delle loro attività, subiscono forti pressioni per controllare il proprio peso corporeo.
L’anoressia provoca notevoli cambiamenti a livello fisico, oltre al dimagrimento: la pelle diventa molto secca, aumenta la peluria, i capelli diventano lanuginosi. Anche la termoregolazione subisce modificazioni e spesso i soggetti anoressici soffrono il freddo. La denutrizione, il metabolismo alterato, il vomito, l’uso di lassativi privano l’organismo di minerali, vitamine, inducendo uno stato perenne di debolezza e ipotonia muscolare, amenorrea, osteoporosi, problemi gastrici, cardiaci e renali. Le alterazioni muscolari e scheletriche che questa condizione psicofisica induce, fa si che si alteri tutta la fisiologica attività dell’organismo. Il muscolo denutrito non è più in grado di sostenere in modo adeguato lo scheletro, inducendo pertanto atteggiamenti posturali scorretti, inoltre la carenza alimentare altera anche la struttura articolare poiché venendo meno l’introduzione alimentare di collagene ed elastina, le articolazioni diventano gonfie e dolenti. Il vomito provocato, nel lungo periodo, può infiammare cronicamente il canale faringo-esofageo e logorare lo smalto dei denti. L’uso protratto dei lassativi altera la flora batterica provocando forti dolori addominali e stipsi. Il sistema immunitario, di riflesso, è sempre più labile ed indebolito. In stadi avanzati della malattia si può manifestare anche atrofia cerebrale, con rallentamento delle attività cognitive (concentrazione, memoria, attenzione) fino alla depressione e letargia. Anche le ovaie e l’utero nelle donne rischiano di atrofizzarsi e portare alla sterilità. Quando la malattia raggiunge stadi più avanzati, si manifestano gravi disturbi all’apparato cardiaco (bradicardia) e sopraggiunge lo sfinimento. Nei casi più gravi la malattia può avere esiti mortali.
Altra faccia della stessa medaglia è rappresentata dalla bulimia. Bulimia , dal greco “fame da bue”, consiste nell’assunzione incontrollata di cibo, spesso seguita da vomito autoindotto e da abuso di lassativi. Il soggetto bulimico ha una personalità emotiva e impulsiva, prova disgusto per la propria mancanza di autocontrollo e questa sua situazione psicologica fortemente autolesionista, può sfociare nel suicidio. Chi soffre di bulimia si rivolge compulsivamente al cibo, segretamente, rifugiandosi in esso per ricercare un appagamento indotto da esso, come supporto e conforto ai propri problemi esistenziali. Il meccanismo che soggiace alla bulimia è il seguente: l’atto di mangiare provoca sollievo, il disgusto e l’autopunizione che ne conseguono (vomito, uso di lassativi) distolgono il soggetto dai pensieri che lo affliggono. In questo modo la bulimia può servire per allontanare altre emozioni negative. La malattia si manifesta per ragioni psicologiche simili a quelle che provocano l’anoressia e per questo, a livello medico, la bulimia viene associata all’anoressia. Per il fatto che spesso non si verificano evidenti alterazioni di peso (dal momento che le abbuffate vengono spesso seguite da rigurgito), è facile nascondere questa malattia ai familiari e al medico; essa tuttavia provoca uno stato depressivo molto forte, che può portare la persona affetta a cercare rifugio nell’alcol e nella droga.
Le alterazioni fisiche indotte dalla bulimia inducono disturbi gastrointestinali, dovuti al vomito e all’uso di diuretici e di lassativi. La perdita di molti liquidi che ne derivano, insieme ad una dissennata attività fisica, comportano un’ingente perdita di sali minerali con conseguenti gravi disturbi che possono portare a problemi cardiaci come aritmie e tachicardia.
Per entrambi i disturbi del comportamento alimentare anoressia e bulimia, le persone affette, hanno forti ritrosie nel chiedere aiuto. Inoltre chiedere sostegno può minare ancor di più la loro scarsa autostima anche perché ciò comporterà cambiare completamente il loro modo di rapportarsi al cibo ma in generale alla vita. Fondamentale è la motivazione nel cambiamento e nella guarigione, poiché la cura giusta ed adeguata conduce alla reversibilità dei danni. L’approccio pertanto per l’assistenza e risoluzione di questi disturbi deve essere necessariamente multidisciplinare e specialistico.
Dott. Marco Balest
Scienze e Tecniche dell’Attività Motoria Preventiva ed Adattata